La schiava

Milano, luglio 2003

Sono tornata a casa, dopo l’incontro a casa di Giacomo (“Ci sono cascata di nuovo”), mi sono infilata di soppiatto in bagno senza svegliare le mie coinquiline. Come sempre esco da casa sua perfettamente in ordine e profumata, grazie alle attenzioni che mi riserva dopo aver fatto sesso. Mi sono preparata e sono andata in camera mia. Il dolore per le frustate e i colpi sulle natiche è fortissimo, provo a sedermi sul letto, ma non ci riesco. Fa caldo, questa estate è terribile, dicono che sarà una delle più calde degli ultimi 100 anni e stare a Milano non aiuta. Entro nel letto con circospezione, per non infierire sui glutei doloranti. Ma non riesco a dormire. Non è l’eccitazione per quello che abbiamo fatto, quella è stata appagata dai numerosi orgasmi che ho avuto. E’ la frase che ho letto nel biglietto attaccato alla rosa che, come sempre, mi ha lasciato in dono, “Voglio che tu sia veramente la mia schiava”, che non mi fa dormire. Poi dopo un po’ di tempo la stanchezza ha la meglio e cado in un profondo sonno senza sogni.
Al lavoro, il giorno dopo è una tragedia. Non riesco a stare seduta, mi sono guardata allo specchio e i miei glutei sono solcati da strisce viola causate dall’oggetto con cui mi ha colpita (era un frustino da cavalli?), sono distratta perché il pensiero va sempre alla sera precedente. Verso l’ora di pranzo ricevo un messaggio suo: “Allora, hai deciso?”. Non so cosa rispondere, ma il pensiero va alla notte appena trascorsa e, quasi senza pensare, dico di si. Mi risponde: “Ci vediamo venerdì sera verso le 8 da me. Dobbiamo festeggiare” La cosa mi mette subito i brividi: forse più che festeggiare vuole farmi la festa…
Far passare i giorni che mancano al fine settimana è difficilissimo. Cerco di stare in compagnia di altre persone per non pensarci, colleghi di giorno e coinquiline di sera. Ma inevitabilmente arriva il momento in cui sono sola in camera e allora devo cedere e masturbarmi. Finalmente arriva il venerdì. Mi preparo per l’appuntamento con lui, indosso un tubino color pesca, piuttosto corto e un paio di sandali.
Mi accoglie in salotto, sullo stesso divano dove l’abbiamo fatto la prima volta.
Mi guarda con quegli occhi chiari e mi dice:

“Allora, vuoi essere la mia schiava?”

Ho pensato molto a questo momento, dalla sera in cui ho letto il biglietto e a cosa avrei risposto. “

Si, lo voglio, ma a due condizioni”.
“Dimmele”
“Uno: sarò la tu schiava, ma non voglio un rapporto di dominazione totale.
Quando non siamo insieme avrò la mia vita”
“Ok”
“Due: non voglio segni su parti del corpo visibili. Non vivo sola e comunque mi darebbe fastidio non poter mettere un vestito che mi piace perché altrimenti si vedrebbero”
“Ok”

Paura… Nella mia mente , nel mio film personale, a questo punto lui si arrabbiava e mi mandava via. Non mi aspettavo una reazione del genere. Sono spiazzata e impaurita. Cosa mi farà ora? Mi guarda e mi dice:

“Usciamo a cena. Ma prima vieni qui a sedere.”

Mentre mi siedo tira fuori uno strano oggetto da una scatola. Ha la forma di un uovo, più o meno.

“Alzati il vestito e apri le gambe” mi dice. Eseguo.

Prende quel coso e lo infila nella mia vagina, poi rimette a posto le mutandine. Poi toglie dalla scatola un altro arnese, sembra un telecomando per i cancelli automatici. Preme un pulsante e il coso dentro di me  si mette a vibrare. Un brivido… Sono in suo potere anche se non mi ha legata o costretta. Con quel coso può farmi impazzire a distanza ogni volta che lo vuole. Può controllare le mie emozioni e tenermi in suo potere.
Usciamo. Mi ha portata in un locale carino, non troppo fico, ma nemmeno una bettola. Siamo seduti di fronte, sembriamo una coppia normale. Cena normale, leggera, un po’ di vino, niente di esagerato. Tra il primo e il secondo tira fuori il telecomando. Mi guarda negli occhi e dice:

“Fai la brava”

e subito dopo preme il pulsante e l’oggetto nella mia vagina inizia a vibrare. Ho un sussulto.
Lui mi prende la mano e dice:

“Nessuno dovrà accorgersi di niente, altrimenti dovrò punirti”

e di nuovo preme il pulsante. Stavolta mi trattengo, devo farlo, non posso deludere il mio padrone. Lo lascia funzionare per un po’. Mi muovo nuovamente sulla sedia, ma quel coso mi stimola da impazzire. Mi sta guardando con i suoi occhi azzurri, gelidi. Vuole vedere la mia reazione. Mi sto mordendo le labbra, la stimolazione è fortissima, mi muovo sulla sedia come se fossi seduta sulle puntine.
Poi smette e mi guarda compiaciuto. ha capito che non opporrò resistenza. Nessuno nel locale si è accorto di nulla, sembravo semplicemente una con qualche piccolo dolore o fastidio.
Arriva il secondo, mangiamo e parliamo del più e del meno, come se fossimo una coppia qualsiasi. Ma appena finisco lo vedo andare in tasca con la mano. Ho un sussulto. L’oggetto nella vagina ricomincia a vibrare. Sono già bagnata dalla volta prima in cui ha azionato quel coso. Stringo le gambe, mi muovo sulla sedia, sembro sempre una seduta su un cuscino  di spilli. Mi mordo le labbra. Lui vede che non resisto più e si ferma. Arriva il dolce e finiamo il vino. Mi guarda e mi sussurra:

“Vai in bagno, in quello degli uomini e aspettami.”

Mi alzo, ho il passo un po’ malfermo per il vino e le stimolazioni. Mentre sto camminando, all’improvviso il coso si aziona di nuovo e a momenti cado, presa alla sprovvista. Mi giro e lui è seduto al tavolo, con il telecomando in mano e lo sguardo compiaciuto.
Entro in bagno e lo aspetto.
Poco dopo sento di nuovo l’oggetto dentro di me vibrare e capisco che è lui. Apro la porta, entra e la richiude alle sue spalle..Mi spinge a sedere sul water, accende ancora il coso dentro di me e mi dice, tirando fuori il suo membro dai pantaloni:

“Ferma, succhia, puttana”.

Lo prendo in bocca, mentre il coso malefico sta infiammando la mia vagina con le sue vibrazioni. Le sensazioni sono fortissime, cerco di resistere dall’avere un’orgasmo, perché il mio padrone non mi ha dato l’autorizzazione a godere, ma non so per quanto ce la farò. Mi concentro sul suo pene nella mia bocca, ma non riesco, lo guardo e gli chiedo:

“Posso godere?”

La sua risposta è uno schiaffo in pieno viso seguito da un:

“No, troia, devi succhiarmelo”.

Ma non ce la faccio. Il mio corpo non è più sotto il mio controllo e l’orgasmo parte senza che io possa fare nulla. Urlerei di piacere se non avessi il suo membro in bocca.
Me lo toglie, mi molla un altro schiaffo e mi dice:

“Sei stata un bambina cattiva”,

poi mi afferra per le braccia e mi gira con violenza in modo da farmi finire a pecorina a cavallo del wc. Mi alza il vestito e senza dire nulla mi sposta le mutandine e mi sodomizza, dopo avere sputato sul mio ano. Con poca lubrificazione il dolore è lancinante, inoltre continua a far andare ad intermittenza il vibratore inserito nella mia vagina. Spinge forte, senza pietà, mi fa male, ma devo tacere e subire la sua violenta penetrazione. Sto per avere un altro orgasmo, sto per chiedergli se posso godere quando sento il suo membro pulsare e i getti del suo sperma caldo inondano il mio ano, mentre le sue mani colpiscono ripetutamente le mie natiche. Godo anche io senza ritegno.
Poi toglie il vibratore dalla mia vagina, lo avvolge nella carta igienica, si pulisce e guardandomi mi dice:

“Sistemati, cagna, ogni volta finisci che fai schifo. Ti aspetto fuori”.

E se ne va. Mi chiudo nel bagno, siedo sul wc, sono dolorante, il suo sperma cola dal mio ano, ho il viso rosso per l’eccitazione e gli schiaffi, mi viene da piangere. Poi penso che il peggio deve ancora venire. Se n’è andato  arrabbiato, è chiaro che la serata non è andata come voleva e questo mi rende triste e preoccupata allo stesso tempo, perché non ho soddisfatto il mio padrone e temo che sarò punita.
Cerco di risistemarmi, per fortuna ho portato delle salviettine, mi pulisco, mi lavo il viso e mi rivesto, infine esco e lo raggiungo. Sembra tranquillo, mi sorride e mi dice

“Andiamo a casa”;

prendiamo un taxi e torniamo da lui. Il viaggio è breve.
Appena scesi dal taxi lo sento che si mette alle mie spalle e subito dopo sono bendata, con lui che mi sussurra all’orecchio:

“Vieni con me”

Mi guida all’interno, ovviamente non capisco dove mi sta portando. Si ferma. Sento le sue mani sul mio corpo. Mi toglie il vestito, poi il reggiseno e le mutandine, infine mi dice di togliere i sandali.
Mi toglie la benda e mi prende per i capelli. Mi guardo attorno e vedo dove mi sta portando. E’ una gogna, in pieno stile medioevale. Apre quell’oggetto e mi obbliga ad andarci dentro. La testa e i polsi sono immobilizzati nei buchi. Intanto provvede anche a legarmi le caviglie, in modo da immobilizzarmi completamente. Le mie natiche sono in bella vista vista e le mie parti intime oscenamente esposte. Inizia a colpirmi sulla schiena e su sedere con un  gatto a nove code. Nel frattempo si spoglia. Sparisce per un attimo e poco dopo sento un dolore lancinante ai glutei. Mi sta di nuovo colpendo con il frustino da cavallo che ha usato l’ultima volta. Il dolore è fortissimo, insopportabile, singhiozzo mentre le lacrime solcano le mie guance.

“Sei stata molto cattiva, lo sai vero?”

e di nuovo la frusta mi colpisce.
Ritorna dopo un attimo con un plug anale con una lunga coda attaccate, che mi fa prima leccare e poi inserisce nel mio ano.
Fa il giro attorno alla gogna e si presenta con  il suo membro alla mia bocca. Lo appoggia alle mie labbra e mi dice:

“Succhia, puttana!”

Lo ingoio e inizio a leccarlo, mentre lui continua a  colpirmi con il gatto a nove code. Il ritmo accelera, adesso non sono più io a fare un pompino, ma lui che mi scopa la bocca.
Ancora frustate sulla schiena, mentre cerco di applicarmi per farlo godere. Il malefico gatto a nove code fa male ma lascia segni che spariscono in pochi minuti, quindi si sente libero di usarlo su qualunque parte del mio corpo.
Continua a scoparmi la bocca, va avanti e indietro con forza, a volte ho lo stimolo del vomito, ma resisto.
Poi smette. Si abbassa a guardarmi in faccia: sono tutta rossa, sporca di saliva e del mio (per fortuna poco) trucco che è colato.

“Vedi cosa succede a fare le bambine cattive?” mi dice.

Poi mi infila la lingua in bocca. La voglio, ma dopo pochi secondi la toglie, mi da un paio di schiaffi e mi sputa in faccia.

“Troia. Adesso ti faccio vedere io!”

Ho paura. Stavolta davvero. Non mi era mai successo con lui. Temo che nemmeno la safe word possa salvarmi.
Va alle mie spalle, solleva la coda attaccata al plug che è inserito nel mio ano e poi lo sento appoggiare il suo glande alle mie labbra. Sono bagnata fradicia, perché ovviamente tutto questo ha stimolato la mia fantasia, quindi non fa nessuna fatica a penetrarmi. Inizia a spingere, sento i suoi colpi nella mia vagina, nel frattempo, ogni tanto, le sue mani scendono pesanti sulle mie natiche e le colpiscono lasciando dei grandi segni rossi.
Come anche le altre volte il mix di piacere e dolore che mi provoca ha un effetto devastante su di me. La mia eccitazione è al massimo, ma lui mi intima:

“Troia, non puoi godere! Devi chiedermelo!”
“Si, mio padrone”

rispondo, mentre dalla mia vagina scendono copiosi umori che colano lungo le cosce.

“Padrone, posso godere?”  imploro.

Non risponde, continua a spingere, finché non mi molla due schiaffi sulle natiche e mi dice:

“Godi, zoccola!”

e io mi lascio andare a un orgasmo devastante che sembra che mi apra in due, mentre sono immobilizzata nella gogna con lui che mi scopa.
Per un attimo si ferma e mi lascia godere. Poi toglie il plug dal mio ano e ci infila, senza nessuna difficoltà, il suo membro e inizia a spingere anche lì. E’ la seconda volta che mi sodomizza in poche ore, mi brucia, ma devo resistere o la mia situazione peggiorerà ancora. Sento il suo membro che mi prende, mi apre in due, sono sempre immobilizzata nella gogna e non posso fare nulla, il dolore e il bruciore sono insopportabili, le lacrime mi solcano di nuovo le guance, finché non sento di nuovo il piacere montare dentro di me, un nuovo orgasmo dirompente scaturisce dal mix di piacere e dolore che sto provando. Chiedo di nuovo:

“Posso godere, padrone?”

Lui ormai ha finito l’autonomia, lo sento e lo vedo, so che tra poco esploderà in un orgasmo fragoroso e il suo sperma riempirà qualche parte del mio corpo e mi concede il piacere subito. Di nuovo provo una sensazione simile a una scarica elettrica nella spina dorsale, vorrei contorcermi dal piacere, ma non posso perché sono immobilizzata, ancora una volta dalla mia vagina scendono copiosi umori che bagnano di nuovo le mie cosce, mentre lui continua imperterrito a pompare nel mio buchetto. Ho appena finito di godere quando lo sento uscire dal mio ano. Capisco che il suo sperma caldo è destinato alla mia bocca e mi preparo ad accoglierlo. Arriva davanti a me, ancora immobilizzata, con le mani e la testa nella gogna, e dopo qualche secondo riversa sul mio viso e nella mia bocca una quantità enorme di sperma. Lo ingoio, lo raccolgo tutto, mentre sto per godere ancora al solo pensiero della situazione in cui mi trovo. Poi, pochi secondi dopo aver eiaculato sul mio viso e nella mia bocca, sparisce e mi lascia lì, immobilizzata in quell’attrezzo da tortura medioevale, sporca di sperma, sudore e umori vaginali.
Passano si è no dieci minuti e torna. Ha indossato un paio di pantaloni neri, larghi e ha in mano un secchio e una bacinella.

“Non ti sei comportata bene, stasera al ristorante, ma dopo sei andata
meglio. Ho deciso di addolcire la tua punizione”.

Non fa in tempo a finire la frase e mi lancia in faccia parte del contenuto del secchio, acqua gelida, aggiungendo

“Sei una lurida cagna, fai schifo anche stasera, tieni!”

Il resto del contenuto del secchio è destinato alle mie parti basse, che ricevono la loro dose di acqua gelida.
Poi prende la bacinella e la sistema in mezzo alle mie gambe, infine posizione vicino a me un palo tipo un portaflebo con una bottiglia d’acqua e un lungo tubicino.

“Non crederai di potertela cavare così? Questa notte starai qua. Piscia e caga nella bacinella e se hai sete qua c’è da bere, fidati è semplice acqua”

e per confermarmelo ne tira una lunga sorsata dal tubicino. Poi se ne va. Piango. Ho dolori dovunque, mi sento sporca e umiliata e adesso dovrò passare diverse ore in questa posizione. Vorrei dormire, sono stanca e spossata, ma non posso farlo. Ho anche freddo, nonostante sia luglio, l’acqua che mi ha lanciato per pulirmi era gelata.
Cerco una posizione nella quale il dolore diminuisca un po’, ma non la trovo. La postura è terribile.
Chiudo gli occhi…
Mi sveglio di soprassalto. Non so quanto tempo sia passato. Potrebbe essere qualche ora o dieci minuti. I dolori sono fortissimi, sto pensando di urlare per farmi liberare, ma come al solito rinuncio. Ho trattenuto finora i miei bisogni, ma non ce la faccio più, e urino nella bacinella.
Sono al limite della disperazione. Piango ancora, sento il sapore caldo e salato delle lacrime scorrere sulle guance ed entrare in bocca. Poi il buio… Il nulla assoluto scende su di me. Probabilmente svengo, anche se non lo so.
Ancora un risveglio improvviso. Ci metto un po’, ma mi rendo conto che non sono più nella gogna. I dolori sono sempre fortissimi, dovunque. Ma sono in un letto. Ovviamente legata. I miei arti sono protesi verso i quattro angoli del materasso, da sotto il quale spuntano delle robuste cinghie che mi tengono bloccata. Il materasso è coperto da una cerata, probabilmente per evitare che la sporcizia che ho addosso imbratti il materasso, visto che mi ha liberata e portata lì, ma non mi ha ripulita.
Eccolo che entra nella stanza. Si avvicina a me.

“Che ore sono? Dove sono? Sono svenuta?”

Appoggia un dito di traverso sulle mie labbra:

“Sshhhhh… Abbiamo ancora tempo…”

Dal bordo del letto estrae un oggetto che conosco bene. Un vibratore con una grossa testa, come un uovo. Lo accende e lo avvicina alla mia vagina… Non è ancora soddisfatto…
Sono ancora in suo potere, legata al letto e sta per iniziare di nuovo a giocare con il mio corpo. Sono stanchissima, vorrei dormire, mi andrebbe bene anche farlo legata, ma lui non è della stessa opinione e inizia a stimolare il mio clitoride con l’arnese malefico. Il problema è che non ho il controllo del mio corpo e appena lui inizia a stimolarmi sono già bagnata e sto già godendo.
Mi guarda compiaciuto, legata al letto in preda agli spasmi del piacere che quel coso dopo pochi secondi mi sta già provocando. Aggiunge un paio di dita che si infilano dentro alla mia vagina e l’opera è completa.
Adesso non capisco di nuovo più niente, sono completamente in balia della sua volontà e dei miei sensi. E so già che mi possiederà di nuovo e ancora una volta sarò il suo giocattolo di piacere.
Infatti non passa molto tempo prima che lui si tolga i pantaloni e si posizioni a cavalcioni del mio viso, porgendomi il suo membro da leccare, mentre continua a farmi godere con l’oggetto malefico sul clitoride. Lo accolgo di nuovo nella mia bocca. Mi chiedo come faccia, è già venuto tre  volte questa notte. Sento che sotto i colpi della mia lingua si sta ingrossando di nuovo. Il mio cervello è di nuovo scollegato, sono completamente andata, sa bene che può fare di me quello che vuole perché il mio stato di eccitazione è tale da non permettermi più di distinguere le cose.

“Posso godere?”

lo imploro, visto che l’ennesimo orgasmo della mia serata/nottata sta arrivano. Ovviamente la risposta è no, e due schiaffi sui seni suggellano il tutto. Mi concentro e cerco di resistere, ma non è mai facile.

“Ti supplico, fammi godere…”
“No. Zitta e succhia, puttana”.

Sadico.
Non vuole concedermi di godere. Il suo pene ormai è durissimo nella mia bocca. Si sposta, capisco che vuole prendermi. Mi infila un cuscino sotto la schiena per alzarmi il bacino, con il risultato che le cinghie si tendono e mi provocano un dolore terribile. Dopo questa mossa le mie parti intime sono lì, orrendamente esposte e lui se ne approfitta immediatamente. Mi penetra rapidamente, poi, mentre spinge i suoi colpi a fondo dentro di me, riprende l’oggetto e ricomincia a prendersela con il mio clitoride. Adesso, dopo la quantità di orgasmi che ho avuto, il dolore che ho provato, sono una specie di bambola di pezza. Ora davvero può fare di me ciò che vuole. Non ho più una volontà. Spinge forte dentro di me, sento i suoi colpi che mi arrivano in profondità, il vibratore che mi stimola, sto per godere di nuovo, stavolta non mi interessa nulla, lascio che l’orgasmo arrivi, forte, potente liberatorio, che faccia di me ciò che vuole dopo, ma adesso voglio godere e infatti è quello che accade.
L’ultimo orgasmo della notte ha l’effetto di una bomba sul mio corpo martoriato, mi agito, scalcio, urlo, sembro un’indemoniata mentre lui, contrariamente a quello che pensavo, non si arrabbia, ma, al contrario, sembra preso dalla passione. Butta via il vibratore e continua a prendermi, sempre più deciso, spinge i suoi colpi sempre più in profondità, finché non lo vedo e  lo sento che sta per raggiungere l’orgasmo. Un ultimo paio di colpi decisi poi sento il suo sperma caldo inondare la mia vagina e un ultima scossa percorre il mio corpo.
Rimane lì un attimo e poi si sfila, e subito dopo toglie il cuscino da sotto la mia schiena, e finalmente i dolori cessano. Poi, veloce com’era arrivato se ne va e mi lascia ancora una volta lì, legata al letto con il suo sperma che cola tra le mie gambe.
Stavolta crollo in un sonno profondo, sono legata, ma su un letto e riesco a riposare.
Non so che ore siano, dove sono, nulla. Sono legata mani e piedi a un letto, sono sporca di noi dovunque, ma dormo beatamente.
Un brano di musica classica (Scoprirò dopo che si tratta del Concerto per violino n° 3 di Paganini) mi sveglia. Sono sul letto, libera. Mi ha slegato. I miei vestiti sono ordinatamente piegati su una sedia. Su un altra sedia vicina c’è un accappatoio e a terra un paio di ciabatte. Sopra l’accappatoio c’è la solita rosa rossa e un biglietto: “Se leggi questo biglietto sono le 6 del mattino, fuori dalla stanza dove ti trovi c’è un bagno, puoi starci quanto vuoi e usare tutto ciò che ti serve, poi esci dalla solita porta. Ti chiamo io. E ricordati da oggi sei mia” Ho un brivido. Mi alzo dal letto, prendo i vestiti e l’accappatoio e vado in bagno. Prima mi faccio una lunga doccia, voglio lavarmi via di dosso tutta la sporcizia che mi ci sento. Poi riempio la vasca da bagno e mi ci metto dentro per almeno mezz’ora, con essenze profumate. Metto la sveglia nel cellulare, non vorrei addormentarmi.
Infine mi alzo, mi asciugo, mi cospargo il corpo con una crema che ha avuto l’accortezza di lasciarmi e infine mi vesto. Sono distrutta, ho dolori in tutto il corpo e la sequenza di orgasmi ha fatto il resto. Poi esco nell’aria frizzante del primo mattino milanese e rientro a casa, spero solo che le mie coinquiline dormano ancora, altrimenti sarà difficile spiegare lo stato in cui mi trovo…

Condividi questo racconto

Lascia un commento