Questo racconto è stato scritto da un amico che vuole rimanere anonimo. Io gli ho dato solo una piccola sistemata
«Allora, vieni alla cena giovedì sera?»
«Non riesco, è fuori città e io mi sposto con i mezzi»
Max fece una faccia a metà tra il deluso e l’arrabbiato. Ci teneva a vedere Elena quella sera. Le loro strade si erano incrociate diverse volte nelle ultime settimane e quella ragazza aveva mosso qualcosa dentro di lui, qualcosa che però era rimasto e sarebbe dovuto rimanere nella sua testa. Troppe, forse tutte, le cose dicevano che era tutto senza senso. Trent’anni di differenza, lui sposato con una figlia, colleghi di lavoro. Senza contare che il film che si svolgeva nella testa di Max quasi di sicuro non aveva un riscontro in quella di Elena. Ma, nonostante tutto questo, il solo pensiero di quella ragazza aveva reso le giornate di Max molto più piacevoli. Era come se nella sua vita, che negli ultimi tempi era stata piuttosto grigia, fosse entrata una ventata d’aria fresca. Le ultime settimane vicine a quel Natale avevano improvvisamente cambiato sapore e lui aveva deciso di approfittarne, almeno per migliorare la sua situazione.
«Posso passare io a prenderti, anche se non sono di strada, non è un problema»
«Ma no, non stare a disturbarti» rispose lei, con l’espressione di chi sta dicendo una cosa ma pensando l’esatto opposto
«Davvero, non è un problema, se l’unico motivo per cui non verresti è questo…»
«Beh, allora, se sei così gentile, ne approfitto»
«Tranquilla, nessun problema. Alle 19 sotto l’ufficio va bene?»
«Va benissimo» chiosò lei.
Arrivò la sera della cena e si trovarono nel punto convenuto. Entrambi avevano optato per un abbigliamento piuttosto informale, era una cena natalizia con i colleghi dell’ufficio, non la prima della Scala. Quello che però non sfuggì a Max fu il sedere di lei, che i pantaloni neri non nascondevano troppo.
Il viaggio, a dire il vero piuttosto breve, fu assolutamente normale, come anche la cena, nella quale finirono a sedere vicini ma non attaccati. Ogni tanto lui le lanciava uno sguardo, senza però indugiare troppo su quel viso che denotava una maturità ancora non completamente raggiunta.
Avevano bevuto un po’ entrambi, ma la situazione era perfettamente sotto controllo, non erano di certo ubriachi, al massimo un po’ allegri. Il viaggio di ritorno fu un po’ più lungo, dato che lui dovette riaccompagnarla fino a casa. Ne approfittarono per chiacchierare un po’ e lui le raccontò della sua passione per lo storytelling, l’impegno nel mondo social e altre cose che lei non avrebbe mai immaginato. Non la poteva guardare, dato che doveva guidare, ma era sicuro che lei fosse interessata a quello che lui stava dicendo. O forse era il suo solito viaggio mentale. Nella testa di Max i pensieri erano un po’ disordinati, lei gli piaceva, ma, come detto, nulla consigliava di andare oltre il normale rapporto tra colleghi di lavoro. Inutile dire che in una angolo della sua testa covava il sogno che lei lo invitasse a salire, accompagnato però dalla convinzione che tanto non sarebbe mai successo. Inoltre lei non viveva da sola, ma con altre tre ragazze, cosa che aggiungeva un ulteriore variabile.
Erano ormai in prossimità dell’abitazione di lei e Max riorganizzò i pensieri: “Calma assoluta, tanto non succederà nulla e fra dieci minuti sarai sulla strada di casa”. Arrivarono e lui infilò l’auto in un parcheggio, anche se la cosa non aveva nessun senso, di lì a poco lei lo avrebbe salutato e sarebbe salita in casa.
«Eccoci arrivati» disse lui con calma assoluta. Lei guardava nella borsa, lui pensava che stesse cercando le chiavi mentre in realtà quello che cercava era il coraggio di chiedergli quello che le stava passando per la testa. Poi le venne un’idea.
«Mi accompagneresti, per favore?» Una richiesta totalmente innocua, innocente.
Lui rimase un po’ spiazzato, ma pensò che non poteva certo dirle di no, non sarebbe stato elegante lasciare una ragazza salire in casa da sola, così rispose: «Certo!»
Chiuse l’auto e si avviarono verso il portone, lei davanti, lui dietro che le guardava il culo. Una volta dentro non ci fu bisogno di dire altro. Lei salì le scale e lui le andò dietro, pensando che forse il suo compito era finito, ma insomma, in fondo, chi se ne fregava.
Arrivarono davanti alla porta di casa. Lei lo guardò. «Birretta per concludere la serata?»
Max non ci credeva. Lei lo stava invitando in casa sua. “Tanto ci sarà qualcuno di sicuro, figurati” pensò, con il solito pessimismo che lo accompagnava.
Entrarono. «Arrivo subito, mettiti comodo» disse lei e sparì lungo il corridoio.
Max si sedette sul divano ridacchiando sotto la barba. Stava pensando che sembrava una scena di un film porno, nel quale inevitabilmente lei andava di là e poi tornava nuda o mezza nuda e le cose prendevano la piega che tutti si aspettavano. Invece Elena tornò esattamente come quando erano entrati. Solo era a piedi nudi, dettaglio che Max colse ma non gli fece troppo effetto, in fondo era a casa sua e lui non era di certo un feticista dei piedi.
Andò in cucina e tornò con due bottiglie di birra. «Per fortuna la mia amica Federica fa sempre scorta» disse con un sorriso e si sedette di sul divano. Brindarono con le bottiglie e poi lei lo guardò è gli disse: «Allora, cantastorie, raccontami una storia». Il tutto stava prendendo una piega piacevole senza essere impegnativo e allora lui iniziò a raccontare.
«Lo sai chi era Robert Johnson?» gli chiese. «Direi di no» rispose lei.
Lui iniziò a raccontare la storia del più grande chitarrista blues di tutti i tempi, iniziando dalla sua infanzia fino al supposto patto col diavolo e alla morte a soli 27 anni e anche dell’enorme influenza che aveva avuto nella musica. Lei lo ascoltava interessata. Nel frattempo aveva cambiato posizione sul divano e si era messa trasversalmente con i piedi appoggiati sulle ginocchia di lui. Una posizione che segnava un’intimità che in realtà ancora non c’era, ma a lui piacque tantissimo. Lui parlava e lei ascoltava. Passò a parlare in generale di tanti altri artisti sottovalutati o sconosciuti, molti dei quali avevano cambiato la storia della musica senza saperlo. Lei beveva e ascoltava in silenzio. Lui pensava che la serata poteva anche concludersi lì, non chiedeva nulla di più di questo, dell’intimità magica che si era creata. Senza rendersene conto Max aveva iniziato ad accarezzarle i piedi nudi che stavano sulle sue ginocchia e a lei la cosa sembrava piacere. Palesemente ognuno dei due voleva andare oltre ma non ne aveva il coraggio.
«E questo è quanto» disse lui come per indicare che la storia e i suoi annessi e connessi erano terminati. Lei si tirò su dal divano e lo guardò, i loro volti erano vicini ma non troppo.
Era arrivato quel momento magico che fa parte di tutte le storie d’amore o anche solo di passione in cui capisci che sei vicino al punto di non ritorno. Avete presente quando avete in mano lo spumante, avete tolto la gabbietta di metallo e sollevato un po’ il tappo e sentite che siete arrivati al punto in cui se non lo trattenete questo salterà da solo? Ecco, quel momento lì, il turning point passato il quale tutto inevitabilmente cambierà. La testa di Max era un frullatore. Continuavano a risuonargli in testa le parole di “Una storia sbagliata” di De André, anche se sapeva benissimo che quella canzone non c’entrava nulla, dato che parlava di Pasolini e non di un 50 enne che stava per perdere la testa per una ragazza che poteva essere sua figlia. Tutto diceva che quello a cui stava pensando non andava bene. L’età, la sua situazione, il fatto che lavorassero assieme, era tutto sbagliato. Ma le persone sono animali strani e spesso anche se tutto e tutti dicono che quella certa cosa non va fatta, loro insistono a farla ugualmente. Era davanti al baratro. La ragione diceva di fermarsi lì, il cuore di buttarsi.
Fece i gesto di avvicinarsi un po’ a lei, che lo stava guardando e forse , chi lo sa, provava sensazioni non tanto diverse. La distanza tra di loro si ridusse ancora. Adesso bastava davvero pochissimo, il tappo ormai era fuoriuscito quasi del tutto, ancora un piccolo passo e non si sarebbe più potuti tornare indietro.
Eppure l’imbarazzo, i pensieri la sensazione di star facendo qualcosa che era sbagliato e sarebbe stato foriero solo di guai li trattenevano dal fare quell’ultimo passo. Elena era sicuramente quella che aveva meno da perdere in quella situazione e forse fu questo il motivo per cui fu lei a far cadere l’ultimo diaframma. Annullò la poca distanza che c’era ancora e posò le sue labbra su quelle di lui, schiudendole poi un po’ per permettere alla sua lingua di entrare nella bocca di Max. Il tappo saltò. E lo spumante uscì con la forza di un idrante. Avevano trattenuto troppo a lungo quel momento perché la situazione potesse fluire con calma. Adesso tutto era impeto, forza, travolgimento. La mente di Max si svuotò completamente dai pensieri, sostituiti da una incredibile sensazione di tranquillità. I dubbi lasciarono velocemente il posto alla voglia di godersi fino in fondo quel momento. Da quel momento fu tutto un turbinio di braccia, gambe, labbra e lingue. Lui la baciava quasi con voracità come se volesse fare indigestione di quel momento, lei lo assecondava. Le mani correvano veloci sui loro corpi, camice, pantaloni e intimo volarono via alla velocità della luce e presto furono uno di fronte all’altra completamente nudi. Lui guardò quel corpo giovane e bellissimo, la toccava dovunque, come se non credesse a quello che gli stava succedendo e forse non ci credeva per davvero. La fece sdraiare sul divano e iniziò a baciarla e accarezzarla dappertutto, non voleva lasciare nemmeno un centimetro della sua pelle inesplorato, voleva fare esperienza di tutto il suo corpo, senza tralasciarne nemmeno un millimetro quadrato. Elena fu pervasa da un dolce piacere e nella sua mente sperava che quel momento non finisse più. Continuarono ancora per un bel po’ a esplorarsi, toccarsi e baciarsi, come se volessero che quel momento non passasse mai, ma l’eccitazione saliva sempre di più, così il gioco prese altre strade, come era normale che accadesse. Fecero l’amore a lungo, delicatamente, piano piano, per dilatare il tempo all’infinito, per fare in modo che quella parentesi fosse il più lunga possibile. Momenti dolci e momenti più decisi si alternarono, la temperatura saliva e un velo di sudore iniziava a bagnare i loro corpi nonostante il clima invernale, fino a raggiungere il momento tanto desiderato assieme, anche se per lei non fu che l’ultimo di una lunga serie di orgasmi.
Delicatamente lui si spostò per non gravare con il suo peso su di lei, data la differenza di corporatura e lasciò che si accomodasse con la testa sul suo petto. Poi dopo qualche minuto di baci e carezze, gli occhi azzurri di Elena incrociarono quelli, altrettanto azzurri, di Max e lei gli disse: «Mi racconti una storia?»