Come ai bei tempi

Località imprecisata dell’Appennino Emiliano – Marzo 1994

Alla fine avevo passato il capodanno senza Alberto. Certo il me l’ero spassata ugualmente, Marco si era dato da fare bene per farmi festeggiare, ma, nonostante questo, Alberto rimaneva al centro dei miei sogni. Verso marzo vidi Marco per caso e mi disse che aveva finalmente preso la patente (io avevo compiuto 18 anni a febbraio, quindi avrei dovuto aspettare almeno altri 3-4 mesi…) e che i suoi gli avevano comprato una macchina, usata, ma pur sempre una macchina tutta sua. Poi la cosa finì lì. Come forse ricorderete, io e Marco avevamo la casa in campagna, in un paese dell’Appennino, che si affacciavano sullo stesso cortile e ci conoscevamo da molti anni. Un venerdì sera, qualche tempo dopo, Marco mi chiamò e mi disse al telefono che gli sarebbe piaciuto organizzare un sabato sera come ai vecchi tempi… Sai, io, te e Alberto… Fui colta da una improvvisa vampata. Un’intera serata io e loro due. Non riuscivo a crederci. Finalmente li avrei avuti entrambi per me come l’estate precedente. Dissi che sicuramente ci sarei stata e fissammo l’appuntamento per la sera dopo. Ero agitatissima. Corsi in camera mia, mi chiusi dentro e iniziai a masturbarmi selvaggiamente al solo pensiero di cosa avrei combinato l’indomani.
Dopo un po’ di sano autoerotismo riuscii a prendere sonno. L’indomani cercai di far passare la giornata senza pensarci troppo, ma non fu facile e dovetti masturbarmi ancora una volta. Qualche ora prima dell’appuntamento iniziai a prepararmi. Optai per un completo bianco, con un bel reggiseno con il pizzo e un paio di slip molto sexy. Sopra, come sempre, jeans e maglione…
Marco arrivò verso le 19 e partimmo… Il viaggio non fu semplice, perché nessuno tirò fuori quello che stavamo andando a fare e cercammo di lasciare che la conversazione andasse su argomenti futili. Arrivammo al paese e andammo all’appuntamento con Alberto, in una trattoria. Mangiammo e soprattutto bevemmo allegramente. Nessuno fece menzione del seguito della serata, anche se sapevamo bene tutti come sarebbe finita.
A fine cena ero già decisamente brilla. Andammo a casa di Marco, la casa dove di solito lui e i suoi passavano l’estate. Io barcollavo un po’ per l’alcool, entrammo in casa e finimmo direttamente in camera da letto.
Fui presa da una incredibile voglia. Aspettavo da troppo tempo quel momento. Avevo voglia dei miei due amanti. Volevo essere loro per quella notte.
Appena entrati Alberto mi saltò letteralmente addosso e iniziò a baciarmi, mentre Marco mi toglieva le scarpe e i pantaloni. In breve ci ritrovammo sul letto, tutti e tre completamente nudi. Iniziarono a toccare il mio corpo, uno per lato. Sentivo quelle quattro mani su di me che mi toccavano vogliose del mio corpo, come io lo ero dei loro. Lasciai che mi toccassero, ero loro quella sera.

Alberto mi sussurrò all’orecchio: “Ciao troietta, ci sei mancata… E’ da quest’estate che non ci divertiamo un po’”.
“Anche voi mi siete mancati” risposi, passandogli una mano sul petto.

Lasciandomi lì sdraiata, si alzarono ed arrivarono con entrambi i loro sessi davanti alla mia bocca. Iniziai a succhiarli alternativamente. Allargai lascivamente le gambe, mentre i loro due membri si ingrossavano nelle mie mani e nella mia bocca e una mano iniziava a toccare la mia vagina che era già abbondantemente bagnata. La loro eccitazione saliva, e la mia anche. Vidi Marco scivolare sul letto e posizionarsi davanti alle mie gambe aperte; dopo qualche secondo sentii la sua lingua che accarezzava il mio clitoride. Inarcai la schiena in preda al piacere; dopo essersi dedicato al mio clitoride sentii la sua lingua che cercava di entrare nella mia vagina, riuscendoci rapidamente. La sentivo dentro di me, ero già bagnatissima. Lo vidi alzarsi e mettersi in ginocchio, poi lo sentii contro le labbra e poco dopo entrò dentro di me. Alberto nel frattempo che accadeva tutto questo si era posizionato sopra di me e me lo aveva dato da succhiare. Un po’ alla volta, mentre Marco mi prendeva, sentivo Alberto che iniziava a spingere il suo membro a fondo nella mia bocca, come se volesse possederla. Di nuovo… Il buio… Il baratro nero che mi risucchiava… La Chiara brava a scuola e che amava suonare e cantare ci cadeva dentro e ne usciva una sua copia lasciva e lussuriosa pronta ad essere posseduta da quei due… Chiusi gli occhi, lasciai che i miei sensi prendessero il sopravvento. Sentivo Marco che mi possedeva con colpi profondi e decisi, mentre Alberto spingeva il suo sempre più a fondo nella mia bocca. Facevo fatica a tenerlo in bocca, la saliva mi stava colando sul viso, mentre lui spingeva avanti e indietro sempre più forte. Poi lo sentii dire:

“Girati, troia, che ti diamo due cazzi insieme!”

Essere apostrofata in quel modo non fece altro che aumentare il mio desiderio e la mia voglia di essere loro.
Alberto si sdraiò a pancia su, con il suo pene proteso verso l’alto. Sapevo quello che dovevo fare: mi impalai su quella stanga di carne e appena la sentii dentro di me mi lasciai andare a un grido liberatorio e iniziai a cavalcarlo. Marco intanto era finito alle mie spalle. Sentii la sua mano posarsi sulla mia schiena e spingerla verso il basso, finché non arrivai con il mio petto a contatto con quello di Alberto. Non passò che qualche secondo che sentii la sua lingua leccare il mio buchetto. Lo lubrificò per bene, poi sentii un dito infilarsi, provocandomi un certo dolore. Poco dopo ne arrivò un altro e il dolore passò per lasciare spazio al piacere. Sapevo cosa stava per succedere, ma, come in trance, non mi opposi. Marco mi allargò per bene l’ano, mentre io continuavo a cavalcare il pene di Alberto. Infine, con un colpo deciso me lo mise dentro. Se fino ad allora la mia mente aveva fluttuato nel nulla, in quel momento si spense del tutto. Mi sentivo completamente aperta, i loro due membri entravano e uscivano alternativamente da me, mi sentivo davvero loro. La doppia penetrazione mi fece urlare come una pazza.

“Dai, urla, facci sentire che godi, che maiala sei, tanto qua non ti sente nessuno!”

disse Alberto. Aveva ragione lui, stavo godendo come non mai in quella situazione e avevo già avuto almeno due orgasmi e copiosi umori scendevano lungo le mie gambe, ma quello che seguì fu incredibile: intenso, devastante, mi fece urlare come se fossi posseduta da chissà quale demone, morsi le labbra di Alberto che stava sotto di me mentre le mie unghie si piantavano nella sua schiena.
Mi afflosciai come un palloncino sgonfio sopra al petto di Alberto. Ma nessuno ne aveva abbastanza. Si tolsero da dentro di me, poi Alberto mi fece sdraiare di nuovo supina e disse:

“Girati troia, che adesso il culo te lo sfondo io!”

e, sollevatemi le gambe lo infilò nel mio ano, già abbondantemente dilatato dalla penetrazione che avevo appena subito. Marco nel frattempo si posizionò sopra di me e me lo mise in bocca e mi ordinò di succhiare. Avevo avuto un orgasmo terribile pochi minuti prima, ma non ero sazia, sentivo il membro di Alberto che abusava del mio ano, mentre anche Marco aveva iniziato a spingere a fondo il suo nella mia bocca. Mi stavano usando, ognuno per il proprio piacere. Marco spingeva il suo membro avanti e indietro nella mia bocca, mentre Alberto, tenendomi le gambe sollevate continuava a prendersi il mio culo. Improvvisamente sentii Marco che lasciò partire un urlo e, tutto in una volta, il suo sperma colpire il mio viso e il mio seno. la sensazione datami dallo sperma caldo sul mio corpo mi portò ad un incredibile livello di eccitazione. Nel frattempo Alberto continuava a possedere il mio povero ano con il suo grosso membro. Vide l’amico venire addosso a me, sporcarmi tutta con il suo sperma e la cosa lo portò all’orgasmo. Lo sentii irrigidirsi e gridare:

“Vengo troia, dai che ti riempio il culo!”

e mentre lo diceva sentii il caldo del suo seme inondarmi. Io mi divincolavo, volevo togliermi, non volevo che mi venisse dentro ma lui mi immobilizzò, mentre Marco mi bloccava le mani e mi rimetteva il suo pene in bocca dicendomi

“Così te ne stai zitta, puttana!”

Quella situazione mi colpì come una sensazione forte e improvvisa, come uno schiaffo che arriva quando non te lo aspetti e non riesci nemmeno a prepararti a riceverlo, una sottomissione come quella non l’avevo mai provata e in un attimo ebbi un altro orgasmo, forte, potente, uno di quelli che ti fanno vibrare la spina dorsale. Alberto si sfilò dl mio ano, dal quale iniziò a colare fuori lo sperma che vi aveva riversato, che in breve formò una piccola pozza sul letto. Ovviamente i due membri finirono davanti alla mia bocca, con l’ordine perentorio di ripulirli, cosa che feci con molta diligenza. L’ultima frase che sentii loro dire fu:

“Lavati, troia, che non abbiamo finito”.

Poi mi addormentai, sfinita.

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Mi avevano lasciata sul letto, cosparsa di sperma sul viso e sulle tette e che colava dal culo. Dormii forse un quarto d’ora, poi il freddo mi svegliò. Era marzo, la temperatura era ancora bassa e quella casa non era riscaldata. Andai a lavarmi accuratamente con l’acqua gelata, rimisi slip e reggiseno e sopra il maglione e andai da loro Mi offrirono una birra e ci facemmo uno spinello. Inutile dire che dopo poco ero di nuovo fuori e i due porci non aspettavano altro. Si avvicinarono a me e mi bendarono. Alberto avvicinò le labbra al mio orecchio e mi disse:

“Adesso facciamo un gioco nuovo…” .

Mi portarono in camera da letto e mi spogliarono di nuovo Sentii strappare qualcosa, come della stoffa. Dopo poco avevo le mani legate alla spalliera del letto. Ero costretta a stare alla pecorina e mettevo così in mostra le mie parti intime. Captai un odore che ben conoscevo sotto le mie narici e poco dopo la voce di Marco mi diceva:

“Forza troia, succhia, che me lo fai tornare duro!”

e così feci. Non sentivo Alberto e la cosa mi preoccupava un po’. Passò poco tempo, quando sentii la sua mano iniziare a toccare la mia vagina. Ovviamente bastò poco perché ricominciasse a bagnarsi copiosamente. All’improvviso sentii qualcosa di freddo avvicinarsi alle labbra e tentare di entrare. Era una bottiglia di birra! Quel porco di Alberto, non contento di avermi sodomizzata e inondata del suo sperma adesso mi possedeva con una bottiglia!

“Cazzo fai?” dissi piccata.

La risposta fu uno schiaffo sulle natiche e

“Zitta, altrimenti ti lego anche le caviglie! E succhia quel cazzo”

e giù un altro ceffone sui glutei. La bottiglia si infilò senza problemi, mentre continuavo a dedicarmi al pene di Marco nella mia bocca. La mia volontà ormai era completamente sparita. L’alcool, la cannabis e la situazione mi fecero perdere completamente il senno.

“Dai, spaccami la figa, fammi godere!” dissi.

Sentii Alberto sputare di nuovo sul mio ano, volevo ribellarmi, ma non ci riuscii:

“Adesso ti rispacco il culo, puttana!”

E me lo mise dentro di nuovo. Cominciai a urlare frasi senza ritegno:

“Si, dai fottetemi, chiavatemi, dai che gooodoooo!!!!”

e simili. Ormai il mio ano era orrendamente dilatato dalle penetrazioni continue, la mia vagina sbrodolava senza freni e quei due continuavano come degli ossessi.

“Slega la troia!” disse Alberto.

Marco mi slegò, mi mise supina e me lo rimise in bocca con un :

“Succhia, puttana!”

Nel frattempo Alberto mi stava di nuovo sodomizzando, mentre con la bottiglia stimolava la mia vagina. Ebbi l’ennesimo orgasmo, ancora una volta fortissimo e devastante, mentre urlavo:

“Siiii dai stronzi, fottetemi!”

Poco dopo sentii Marco urlare:

“Sborro!!!”

e, come prima mi riempì la bocca e mi cosparse le tette con il suo sperma.

“Vengo anch’io!”

gridò Alberto subito dopo, sicuramente eccitato da quello che aveva appena visto e, mentre continuava con la bottiglia, tirò fuori il suo membro e mi ricoprì la pancia e il seno di sperma.

“Ora pulisci i cazzi che ti hanno fatto godere, puttana, che poi ce ne andiamo!”

disse Alberto. Non capivo più nulla, gli orgasmi in sequenza, uniti a tutto quello che avevo bevuto e fumato mi avevano spento completamente il cervello. Leccai per bene tutto lo sperma che era sulle loro aste e tutto quello che mi fecero ingoiare raccogliendolo dal mio corpo, poi andai a darmi una sistemata. Avevo la vagina e soprattutto il culo in fiamme, tanto che nel viaggio di ritorno e nei due giorni successivi feci fatica a stare seduta, ma avevo davvero goduto come mai prima di allora.

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