Come iniziò tutto – Prima parte

Località imprecisata dell’Appennino Emiliano – Luglio 1993

Questo è l’inizio della mia storia o, come direbbe qualcuno, il momento della perdita dell’innocenza; il giorno in cui iniziò la mia trasformazione, da una ragazzina come tutte le altre, nella donna che sono diventata. Se avrete la pazienza di leggere tutto capirete di cosa parlo. Avevo all’epoca 17 anni e passavo quasi tutte le vacanze estive in un paese dell’Appennino. La nostra casa dava su un cortile sul quale se ne affacciavano diverse, dove passavano le vacanze anche altri ragazzi e ragazze. Ci conoscevamo da molto tempo, fin da quando si giocava insieme. Eravamo un gruppo di amici cresciuti assieme, ci conoscevamo da molti anni e stavamo diventando grandi. Quell’estate si unirono alla solita compagnia due ragazzi più grandi di noi, che venivano su dalla città. Uno di essi si chiamava Alberto, era una bel ragazzo, forse non bellissimo ma sicuramente affascinante. Durante quell’estate ci provò in modo deciso con me, ma non lasciai che succedesse nulla. Non sapevo nemmeno io cosa volevo a quel tempo. Ci trovammo anche da soli un paio di volte, ci scappò qualche bacio e qualche toccata. Lui mi voleva e in realtà la cosa era reciproca, ma rimasi sulle mie e non mi concessi, non ero convinta di cosa volesse fare. Ero probabilmente ancora scottata dalla mia prima esperienza, durante la quale io mi ero innamorata di un ragazzo, mentre lui voleva solo fare sesso. Era successo nell’inverno precedente, finalmente mi ero decisa a farlo per la prima volta, quando molte mie amiche lo avevano già fatto e avevo perso la mia verginità con un mio coetaneo di nome Federico. Purtroppo dopo aver fatto sesso un paio di volte mi piantò lì e io non ci rimasi benissimo…
Un pomeriggio di quell’estate Alberto, che era l’unico ad avere la macchina, propose un giro per i boschi con il suo fuoristrada. A me l’idea piaceva ma, per un motivo o per l’altro nessuno aderì, tranne Marco, uno dei miei amici d’infanzia.
Io e lui ci conoscevamo molto bene, vivevamo nella stessa città e a volte ci frequentavamo anche quando non era periodo di vacanza. Tra di noi c’era una situazione che non riuscivo a capire, sembrava che io gli piacessi, ma non facesse mai il passo verso di me perché eravamo amici, come se la nostra conoscenza che affondava le sue radici nell’infanzia gli impedisse di vedermi come qualcosa di diverso dall’amica con cui era cresciuto.
Approfittando del fatto che i miei nonni, ai quali ero stata affidata, erano via per tutto il pomeriggio, accettai. Partimmo io, Alberto e Marco. Nella mia innocenza non pensavo a cosa sarebbe potuto succedere, da sola per i boschi con due ragazzi, che avevano entrambi manifestato un interesse per me ma la presenza di Marco mi rassicurava, visto anche il legame che ci univa da tempo. Senza rendermene conto mi ero andata a cacciare in una situazione a rischio.
La gita si rivelò divertente, era bello girare con quel piccolo fuoristrada aperto per i boschi e le campagne. Arrivammo in un punto dove i campi coltivati confinavano con un boschetto e Alberto propose di fermarsi per sgranchirsi le gambe e prendere un po’ di fresco e così facemmo. Scesi dalla macchina Alberto disse che doveva fare pipì e si inoltrò nel bosco, lasciandomi sola con Marco. Incrociammo gli sguardi, io appoggiata alla macchina, lui a pochi passi da me. Un silenzio imbarazzante, rotto solo dal cinguettio degli uccellini.

“Cos’hai” gli chiesi
“Niente, perché?” fu la risposta.

Sapevo che mentiva, come anch’io, avevo la sensazione che l’attrazione fra di noi fosse reciproca, ma qualcosa ci impediva di lasciarci andare. Io in realtà volevo che lui mi si avvicinasse e magari anche qualcosa di più, ma non riuscivo a fare si che la barriera che c’era tra di noi cadesse. Poi, ingenuamente, feci una cosa che lo fece capitolare. Senza pensarci, ancora appoggiata all’auto, reclinai la testa all’indietro, mi passai una mano tra i capelli e la lingua sulle labbra. Tre gesti apparentemente banali, ma che messi assieme, in quella situazione mi resero irresistibile ai suoi occhi. Lo vidi fare due passi verso di me e pensai che era l’occasione che aspettavo. Allungai le mani verso di lui, che le prese tra le sue, mi attrasse a se, mi avvolse con le sue braccia e mi baciò. Passato l’attimo iniziale di smarrimento contraccambiai il bacio, Marco mi piaceva e io non aspettavo altro. Mentre mi baciava Marco cominciò a palpeggiarmi in modo deciso. Indossavo una gonnellina di jeans e una canotta e per lui non fu difficile arrivare ai miei seni e al mio sedere. Sentivo le sue mani esplorare il mio corpo, entrare dentro le mutandine e stringere le mie natiche. Mentre eravamo avvinghiati in quel modo tornò Alberto dal bosco. Rimasi bloccata, non sapevo cosa fare. Ero in imbarazzo totale. Cercai di staccare Marco da me, senza riuscirci, poi Alberto disse:

“Tranquilli, continuate pure, io mi siedo qua”e si sedette su di un grosso masso.

Ero in confusione e anche abbastanza irrigidita da quella situazione. Ma come, Alberto, che mi aveva desiderato per tutta l’estate mi lasciava tra le braccia del suo amico? Ci pensò Marco a superare l’impasse: proseguì nell’esplorazione del mio corpo e io, anche se non volevo lo lasciai fare. Non sapevo come comportarmi. Mi piaceva sentire le sue mani su di me, la cosa stava anche iniziando ad eccitarmi, ma ero tremendamente in imbarazzo a causa della presenza di Alberto che ci guardava. Non riuscivo a godermi quel momento, che pure avevo tanto desiderato, di Marco che mi toccava con passione. Nonostante il forte imbarazzo sentivo il mio sesso che si bagnava, la situazione mi piaceva un sacco, anche se non lo volevo ammettere, un ragazzo mi palpava e mi baciava ma un altro ci guardava… o forse era proprio questo a stimolare la mia eccitazione. Marco mi staccò da se e mi infilò una mano sotto la gonna, fino a toccare il mio luogo più segreto. Lasciai partire un gemito di piacere, ma subito mi ripresi… Era troppo! Fossimo stati soli ci sarei stata, ma con Alberto lì che guardava… Non potevo di certo lasciarmi andare in effusioni con Marco in quel momento. Continuavo a non capire perché lui andasse avanti a fare quello che stava facendo nonostante la presenza del suo amico. In un angolo della mia mente cominciò a farsi strada un pensiero assurdo. E se fossero stati d’accordo? Se tutta questa sceneggiata in realtà fosse stata accuratamente preparata a tavolino da quei due? A questo pensiero mi girai a guardare Alberto e non lo vidi più sul masso dove stava seduto prima. Era arrivato a fianco a me, anche lui appoggiato alla macchina, dalla quale mi scostò per posizionarsi alle mie spalle. Così, mentre Marco mi baciava in bocca, Alberto mi cominciò a leccare e mordicchiare il collo. Quella sensazione aumentava continuamente, ero sempre più convinta che tutto quello che stava accadendo avesse ben poco di casuale. I due ragazzi continuavano a baciarmi e a toccare il mio corpo e io lentamente cominciai a perdere il controllo. L’eccitazione della situazione, i baci e le loro mani ebbero rapidamente la meglio sulla mia volontà. Ben presto capii che non sarei riuscita a resistere ancora per molto, nemmeno se lo avessi voluto… Una sensazione nuova e strana si stava impossessando di me, una sorta di voce che saliva da quella parte profonda e buia della mia anima che avrei conosciuto molto bene negli anni successivi e che mi diceva di lasciarmi andare ai piaceri più profondi e primordiali, tanto là, in fondo a quel baratro, era già ben presente la certezza di come si sarebbe concluso il pomeriggio.
Alberto salì in ginocchio sul cofano dell’auto e si slacciò i pantaloni, tirando fuori un membro di dimensioni ragguardevoli, già mezzo in tiro. Ero senza parole: fino a poco prima nessuno dei due si era deciso a fare il grande passo e adesso erano tutti e due li che mi volevano. E nessuno dei due era geloso dell’altro, anzi sembravano ansiosi di condividermi fra di loro. La situazione era assurda, ero in mezzo a un bosco, appoggiata a un auto, un ragazzo aveva messo le mani sotto la mia gonna e mi toccava, un ‘altro mi stava presentando il suo sesso alla bocca, dove, lo sapevamo tutti, sarebbe finito da lì a poco. Improvvisamente mi resi conto della situazione in cui mi trovavo, ma subito dopo capii anche che non potevo, ma soprattutto non volevo evitarlo. Ancora quella sensazione… Marco mi girò il viso verso il membro di Alberto e mi sussurrò all’orecchio:

“Dai che ti piace…”

Non ero così convinta che mi piacesse ma mi lasciai sopraffare dai miei sensi… L’idea di avere quei due tutti per me stava iniziando a farsi strada nella mia mente, ma la situazione era completamente nuova. Non sapevo cosa dovevo fare e come farlo. Ero tesa come una corda di violino, combattuta tra l’eccitazione e la paura. Mi avvicinai al sesso di Alberto, lo presi in mano non ancora convinta del tutto di quello che stavo facendo, mentre Marco si era inginocchiato davanti a me, aveva alzato la mia gonna, spostato di lato le mutandine e iniziato a leccarmela. Era un’esperienza che non avevo mai provato ma lui mi parve davvero bravo; sentivo la sua lingua sulle labbra e sul clitoride. Una nuova sensazione, mai provata fino a quel momento si impossessò di me. Sentii un brivido salire dalla mia vagina e il piacere iniziare a farsi strada. L’orgasmo arrivò intenso e potente. Una serie di brividi mi scossero, sentii Marco leccare avidamente i miei umori e, contemporaneamente mi sentivo che stavo perdendo ogni inibizione. Per la prima volta nella mia vita provai la sensazione che il mio cervello si fosse spento e che solo i miei sensi stessero decidendo la strada da prendere. Ingoiai il pene di Alberto e iniziai a succhiarlo. Devo dire che l’esperienza in materia non mi mancava, avevo aspettato i 16 anni per avere un rapporto sessuale completo, ma del sesso orale ne avevo già dispensato parecchio… Mentre Marco continuava a stimolarmi usando le mani e la lingua io mi dedicai al membro di Alberto, ingoiandolo completamente e giocando con la lingua sul suo glande. Il piacere si stava ormai impossessando di tutti e tre, con il sesso di Alberto che nella mia bocca aveva assunto una certa consistenza, quando Marco disse:

“Dai che facciamo cambio”

e si mise seduto sul cofano, tirando fuori il suo dalle mutande. Senza pensarci due volte e senza nessuna inibizione presi in bocca il secondo pene diverso in dieci minuti. Mi chinai di nuovo per leccarlo e Alberto si era messo alle mie spalle. Lo sentii risollevare la gonna, spostare di lato le mutandine e appoggiare il suo glande alle mie labbra. Una sensazione incredibile si impossessò del mio corpo; ero completamente in balia dei sensi, non capivo più nulla, adesso il mio cervello si era davvero spento; non mi interessava più nulla di chi fossi io né i due ragazzi con cui mi trovavo, né cosa stavo per fare. Volevo solo che mi prendessero e che raggiungessimo il massimo del piacere. Quando sentii il glande di Alberto appoggiarsi e spingere per entrare lasciai perdere ogni volontà di resistere, allargai le gambe e mi preparai a ricevere quella verga dentro di me, cosa che avvenne poco dopo con un colpo secco. Alberto cominciò a pomparmi con decisione, sentivo i suoi testicoli sbattere contro il mio corpo e intanto continuavo a leccarlo a Marco. Mi sfuggì un urlo di piacere, ormai era evidente che avevo perso ogni resistenza e volevo solo essere presa da quei due. Mi dedicai all’asta di Marco, facendola sparire nella mia bocca e leccandola accuratamente. Dopo avermi preso per un po’ in quella posizione, e avermi provocato il secondo orgasmo, suggellato da una serie di gridolini, Marco disse:

“Ehi, ma ti diverti solo tu?” E Alberto: “No, prego, accomodati” e uscì da dentro di me.

Stavano per passarsi il mio corpo come un oggetto qualsiasi, come se io fossi lì solo per il loro piacere.
Poco dopo il membro di Alberto era di nuovo nella mia bocca, mentre quello di Marco mi prendeva. Per la prima volta avevo in bocca un pene intriso dei miei umori, un sapore che negli anni a venire avrei imparato a conoscere molto bene. Iniziai a leccarlo accuratamente, come avevo già fatto in precedenza, mentre sentivo l’altro che si faceva strada nella mia vagina, già abbondantemente bagnata e dilatata e iniziava a spingere avanti e indietro. I due ragazzi non avevano più molta autonomia, sapevo che da li a poco sarebbero venuti. Io da parte mia avevo già avuto due orgasmi e mi potevo ritenere soddisfatta. Infatti Marco non tardò molto, lo sentivo respirare affannosamente alle mie spalle, quando ad un certo punto lo sentii gridare

“Vengoooo!!!”
“Non venirmi dentro!” gridai e lui: “Non ci penso nemmeno!”

e dicendo questo lo tirò fuori e venne sul mio sedere e sulla schiena. Sentii il caldo getto del suo sperma colpire il mio corpo, un’altra sensazione che avrei conosciuto bene negli anni successivi. Vedere l’amico raggiungere il piacere portò anche Alberto alla conclusione, mi mise una mano dietro la testa e disse:

“Ingoialo, zoccola!”

e mi riversò in bocca una enorme quantità di sperma. Non sapevo cosa fare, il sapore acre mi riempiva, ma non potevo muovermi perché la mano di Alberto bloccava la mia testa sul suo sesso. Lì, dopo aver sentito per la prima volta in bocca quel sapore che mi avrebbe accompagnato a lungo nei periodi successivi, capii che dovevo ingoiare e lo feci il più possibile. L’idea di aver fatto godere quei due maschi mi eccitò di nuovo e fui scossa da un ultimo, devastante orgasmo. Poi Marco mi passò dei fazzolettini per pulirmi e Alberto disse:

“Non parlare a nessuno di quello che è successo oggi o finisce male. Da oggi sei la nostra troia e dovrai soddisfare tutte le nostre voglie”.

Quell’espressione decisa e autoritaria mi colpì come uno schiaffo: forse già in quel momento intuii, senza rendermene conto che essere sottomessa agli uomini che mi scopavano era qualcosa che avevo dentro e aspettava solo di uscire. E, forse, in quel baratro buio e profondo della mia anima iniziava a svegliarsi il piacere che mi provocava la sottomissione, anche se ci avrei messo ancora un po’ a capirlo.

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