Samuel . Prima parte.

Bologna, marzo 1996

Gli anni dell’università mi videro fare una vita decisamente bohemienne, fra sesso, droga e alcool. Bologna era popolata già allora da studenti e dottorandi provenienti da mezzo mondo e in questo contesto feci la prima esperienza con un ragazzo di colore. Una mia amica di nome Annalisa, mi invitò un sabato sera ad una festa che si svolgeva in un posto assurdo, una via di mezzo tra un capannone e un grosso garage. C’era musica techno, fiumi di alcolici e droghe di ogni tipo, che circolavano senza alcun ritegno. Annalisa era una che si vantava un po’ troppo per i miei gusti e infatti anche in quell’occasione asseriva di conoscere molta della gente che stava lì, comunque le volevo bene e mi divertivo in sua compagnia. Visto l’ambiente mi ero vestita in maniera adeguata, con un paio di jeans e un maglione e un paio di anfibi. Nel locale c’era un sacco di gente di tutti i tipi. Andai a ballare un po’, ma la musica techno non mi è mai piaciuta e quindi dopo poco iniziai a gironzolare, per un po’ con Annalisa, ma poi lei trovò qualcuno che conosceva davvero e sparì, lasciandomi da sola. Durante uno di questi giri gli misi gli occhi addosso: era alto almeno un metro e novanta, capelli rasati, la pelle nera come l’ebano, un bel fisico definito, almeno così sembrava.
Continuai a gironzolare, diversi ragazzi cercarono di abbordarmi, ma non mi interessavano più di tanto. Invece io cercavo di attaccare discorso con lui ma non ci riuscii mai. Ad un certo punto lo vidi appoggiato al bancone dove servivano da bere e decisi che era la mia occasione. Mi avvicinai a lui e iniziai a parlargli con una scusa. Lui accettò la conversazione, mi offrì da bere e così il discorso andò avanti per un po’. Si chiamava Samuel, era un francese di origini senegalesi e si era trasferito in Italia quando aveva 18 anni. Il padre faceva qualcosa di non ben chiaro per qualche agenzia legata al governo francese e viveva con la madre a Roma, ma lui aveva voluto fare l’università a a Bologna e la stava finendo. Bevemmo e parlammo ancore per un po’, ma ovviamente non mi bastava, così gli proposi di uscire fuori da quel postaccio e lui accettò. Abbandonai Annalisa al suo destino e uscii. Facemmo due passi verso il centro di Bologna e mi resi conto che mi piaceva molto e  la mia voglia cresceva sempre di più. Avrei giurato che la stessa cosa valesse per lui. Stavo pensando a come fare per dare un ulteriore impulso alla cosa, ma fu lui a precedermi. All’improvviso, mentre camminavamo, svoltò in un vicoletto all’improvviso e appena fummo dietro l’angolo mi baciò appassionatamente. La sua lingua frullava nella mia bocca, mentre le sue mani possenti sotto il cappotto mi palpavano il sedere. Ci baciammo per un po’, poi vidi lì vicino una vecchia casa in ristrutturazione e gli dissi di seguirmi. Mi intrufolai nel cantiere e riuscii ad entrare in quello che doveva essere l’ingresso. Ovviamente era tutto vuoto, vista la condizione del posto. Mi chinai, gli aprii i pantaloni e… rimasi senza parole! Lo vedevo a malapena nella penombra, ma capii che aveva una dotazione incredibile! Senza indugiare lo presi in bocca e cominciai a succhiarlo. Era talmente grosso che non ci stava. Intanto lui aveva allungato le mani e mi spingeva la testa avanti e indietro. Continuai a leccarlo, mentre con entrambe le mani andavo avanti e indietro sulla sua asta.
La sua eccitazione stava salendo visibilmente, sapevo per esperienza che non sarebbe durato più molto. Lo sentii dire: “Vengo Siiii” e immediatamente sentii il sapore acre del suo sperma nella mia bocca. Io continuavo ad andare avanti e indietro con le mani, mentre con la bocca cercavo di raccogliere tutto il suo nettare, ma era tantissimo e in parte mi colava dagli angoli della bocca, ma non mi fermai, continuai a leccare e ingoiare fino alla fine. Mi diede un fazzolettino per pulirmi, mi aiutò a risollevarmi, poi, senza parlare, mi prese per mano e mi accompagnò fuori. Quando fummo di nuovo alla luce mi baciò di nuovo appassionatamente, anche se la mia bocca sapeva di lui, poi si offrì di riaccompagnarmi a casa. Visto che vivevo con i miei genitori gli dissi che accettavo, ma solo per un tratto. Quando arrivò il momento di salutarsi, mi disse: “Ci possiamo rivedere?” e la mia risposta fu ovviamente si. Ci scambiammo i numeri di telefono e rimanemmo d’accordo che ci saremmo visti presto. Andai a casa e mi masturbai al pensiero di quell’enorme membro nero.

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